“ Così la via delle selve è incerta sotto la luna
scarsa di luce quando nell’ombra
il cielo è scomparso, quando la notte
distesa di nero ha tolto i colori dall’aria”
( Virgilio, Eneide, Libro VI )
In numerose mitologie, il nero rappresenta l’oscurità delle origini, evocatore cioè di quell’informe e caotico vuoto primordiale che contiene, in potentia, tutto quanto verrà alla luce e acquisirà esistenza: in quella egiziana, ad esempio, il cosmo ha avuto inizio dal Nun, il caos primordiale, molto simile al Ginnungagap della mitologia nordica, al Te Bo Ma ("oscurità") della Micronesia o al Tempo del Sogno della cultura aborigena.
“ Dunque per primo fu il caos,
dal Caos nacquero Erebo e nera Notte,
e dalla Notte, a sua volta, L’Etere e il Giorno ”
( Esiodo, Teogonia )
Il nero, dunque, contiene una potenzialità generatrice e feconda, un caos originario dal quale può erompere la luce e la vita. Come scrive lo psicoanalista svizzero Carl GustavJung, esso “ è il colore delle origini, degli inizi, degli occultamenti nella loro fase germinale, precedente l’esplosione luminosa della nascita.” (Jung, 1983), e da un punto di vista psicologico, ciò esprime in forma simbolica l’emergere del conscio dal buio dell’inconscio, perché se la luce appartiene alla coscienza, il buio è l’inconscio, poichè connesso all’ombra, all’oscurità, alla notte. Accanto al su esposto nero primordiale, grembo onnicomprensivo delle origini, esiste anche un nero del quale facciamo quotidiana ed universale esperienza nell’avanzare della notte, nello spegnimento di tutti i colori, nel nero della "privatio lucis". E’ questo il nero principalmente collegato alle tenebre e all’oscurità, che contraddistingue il segreto, le intenzioni subdole e malevole, i comportamenti occulti e insidiosi, il colore dell’Ombra, “ la parte inferiore e negativa della personalità […] l’aspetto pericoloso dell’oscura e irriconosciuta metà dell’uomo” (Jung, 1983). Di conseguenza, vengono sovente rappresentate con questa tonalità figure demoniache, tetre, minacciose, entità malefiche e distruttrici: nella mitologia induista, ad esempio, troviamo Kaliya, nero, velenoso e malvagio re-serpente, in quella egiziana Seth, il dio del deserto e assassino di Osiride oppure Lilith, che nell'immaginario popolare ebraico è una temuta creatura notturna. Il nero, inoltre, esprimendo la passività, la rinuncia, " il limite assoluto dove la vita finisce " (M. Lüscher), diviene anche colore di morte e lutto. Ma mentre quello bianco (come vedremo) ha soprattutto qualcosa di messianico, esprime cioè un’assenza da colmare, una mancanza provvisoria, il lutto del nero è principalmente connesso all’espressione del dolore rassegnato, all’angosciata morte senza ritorno, al lutto senza speranza:
Oh Tum! Che luogo è mai questo
nel quale sono appena giunto?
Ahimè! Io non trovo punto aria da respirare!
L’acqua vi manca!
Dappertutto io sento, né altro intuisco,
nelle tenebre profonde che mi circondano,
che precipizi e abissi !
Quale opaca oscurità!
[Libro dei Morti, cap CLXXV]
Il nero, dunque, carico di queste valenze diviene il colore delle potenze tenebrose ed oscure che governano nel regno dei morti, come Ade, Cerbero, il dio Anubi degli Egizi, il nero Yama della mitologia induista, la regina degli inferi mesopotamici Ereskigal o la dea Feralis ("dea feroce") della mitologa romana, colei che stabiliva l’ultimo istante di vita dell’uomo.
Ma così come l’Ombra caratteriale presente in ognuno di noi si può rivelare anche una inesauribile fonte energetica, allo stesso modo, accanto a questa tonalità mortifera, in diverse culture si affaccia un nero quale espressione di fecondità e potenze benevole: nell’antico Egitto, ad esempio, il nero era il colore della fertile terra lasciata dal Nilo dopo le inondazioni, il Kemet (secondo molti studiosi all’origine della parola al-kimiya, alchimia), mentre presso i Masai del Kenya, questo colore viene associato alle nubi gonfie che portano pioggia, diventando espressione di vita e prosperità. Tale significato, inoltre, è riscontrabile anche nelle narrazioni di Omero, dove le profondità dell’Oceano venivano descritte di colore nero poiché contenente il capitale di vita latente, la grande riserva di tutte le cose (J. Chevalier, A. Gheerbrant), oppure nella mitologia azteca, dove il dio della medicina Ixtlilton, "piccolo nero", usava una magica tlital, "acqua nera", come rimedio ai malanni.
Inoltre, in quanto colore di ciò che sta sotto la realtà apparente, il colore delle grotte e dell’oscurità della terra, il nero appartiene anche alle Grandi Madri delle mitologie, nelle loro ambivalenti significazioni di elementi trasformativi e dispensatrici oppure protettivi e divoranti. Tra quest’ultime, ad esempio, troviamo la dea egiziana Nekbet, raffigurata come un nero avvoltoio oppure la terribile Grande Madre Kali, " vestita di nero cupo come le dee della notte e adorna di mani e teste mozzate delle sue vittime, sta ritta sul cadavere di Shiva " (E. Neumann ). Al contempo, però, le buie profondità della terra possono divenire anche l’"oscuro grembo materno" (I. Riedel) dove nuova vita si sviluppa e trova vigore. Per tale ragione le Grandi Madri della fecondità sono spesso nere, come attestano Iside, Persefone o Demetra, le cui rappresentazioni, molto probabilmente, hanno dato origine alle venerazioni delle numerose Vergine nere presenti in tutto il mondo.
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