La parola creare, da cui deriva il termine creatività, è di origine latina ed essa, assieme al verbo crescere, condivide la radice “kar” che si ritrova nel sanscrito kar-oti (creare, fare) ed anche nel greco Kreion (colui che fa, che crea). Il suo significato, inoltre, si estende anche a fare dal nulla, formare, istituire, allevare e generare.
Il termine
creatività, richiama quasi sempre alla mente una produzione artistica di elevato livello, come se l’atto creativo fosse una esclusiva capacità di pochi e fortunati individui.
La creatività, invece, è una qualità presente in ogni essere umano, a prescindere dal suo livello culturale, anagrafico e lavorativo. Il concetto di creatività, infatti, da un punto di vista psicologico sta ad indicare
ogni azione conseguente un lavoro psichico di ricerca e riflessione, tendente a modificare la nostra vita, il nostro lavoro, le nostre relazioni e più in generale il nostro atteggiamento psicologico globale.
Una spiegazione della creatività, ci viene offerta dalla “
tipologia psicologica” dello psicoanalista svizzero Carl Gustav Jung, il quale distingue due tipologie psicologiche attitudinali: l’
estroversione e l’
introversione, a cui si associano personalità individuali dai tratti
principalmente estroversi oppure
introversi. Gli estroversi, sono tutte quelle persone che danno maggiore importanza agli eventi esterni rispetto a quelli interni, ed è proprio da quegli eventi esterni che traggono gran parte della loro energia psichica; gli introversi, invece, riconoscono maggiore importanza agli eventi interni rispetto a quelli esterni, traendo poi gran parte della loro energia psichica dai propri vissuti interiori. Conseguentemente, gli estroversi pensano, sentono,
vivono, intuiscono e agiscono principalmente sulla base dei dati che arrivano dal mondo esterno; gli introversi, invece, pensano, sentono,
vivono, intuiscono e agiscono principalmente da ciò che proviene loro internamente.
Va qui detto con chiarezza, però, come l’estroversione e l’introversione siano tendenze psichiche dominanti e mai esclusive, poiché non esiste nessuna persona che presenti unicamente una tipologia psicologica rispetto all’altra; e va aggiunto, inoltre, come non sia in alcun modo da considerare un atteggiamento migliore o peggiore rispetto all’altro, poiché entrambi hanno pari dignità psichica. Ad ambedue le tipologie psicologiche, però, e conseguentemente alla “
teoria del giusto mezzo” che permea tutta l’approccio junghiano, è richiesto di bilanciare la tendenza dominante, detta
funzione superiore, aprendosi con calma e fiducia anche alla propria parte meno sviluppata, la quale viene definita come
funzione inferiore poiché meno
evoluta ma il cui contatto, però, fornisce al contempo numeroso risorse ed energie psichiche. Ed è così, dunque, che ad un introverso è richiesto di compensare e bilanciare la sua tendenza con una maggiore apertura all’estroversione, mentre ad un estroverso è utile e salutare coltivare maggiormente anche i propri elementi caratteriali più introvertiti.
Ed è da questa armoniosa sintesi, allora, che si può acquisire una nuova “visione di se stessi e del mondo”, una nuova visione autenticamente e genuinamente creativa.